(.. evitando le buche piu dure ..)
I bus di linea si stanno rivelando una fonte di piacevoli sorprese: e' un modo di farsi trasportare nel territorio, guardare un documentario comodamente (?) seduti.
Partenza da Bago verso la Golden Rock: il moto taxi dall'albergo mi scarica in un punto sulla strada principale con delle tettoie malandate, solo ragazzi birmani in attesa, fumano, scherzano.
Mi liberano l'unica sdraio che c'e', mi fanno accomodare, posto d'onore.
Aspetto mentre la strada lascia passare auto, bus, moto, biciclette, bici con carrozzini laterali che fanno da taxi a pedali, pick-up collettivi stacolmi di umanita'.
La gente si sposta, sembra un formicaio in piena attivita'.
Uno dei ragazzi ferma un bus in arrivo, ma non mi degna di uno sguardo: evidentemente non e' il mio.
Poi ne ferma un altro e mi fa cenno, mi giro per prendere lo zaino ma ci si sono gia' fiondati in due, mi fanno cenno di lasciar perdere e di salire.
Boh .... salgo: il ragazzo che fa da bigliettaio senza neanche chiedermi il biglietto (tanto non parla inglese) mi guida in fondo al bus, dice in birmano ad una coppia di spostarsi e mi piazza: per adesso ho 2 posti tutti per me.
Sono l'unico occidentale, forse mi trattano con riguardo, forse sono grande il doppio di loro ed i posti sono mignon ... forse sono uno dei pochi che ha prenotato (e pagato) un posto sicuro.
Solite canzoncine a tutto volume, cosi mentre il bus esce dalla citta' metto le cuffiette.
E cosi mentre scorrono le case con i tetti di lamiera e le baracche di legno che vendono di tutto lungo la strada, la voce calda e suadente di Bebel Gilberto mi riporta in Brasile, e per un attimo i panorami, le palme, i banani, le baracche, il colore della pelle sono quelli brasiliani, quelli di altri viaggi, di altre avventure, altre emozioni, altri ricordi.
Ma le scritte ovunque sono incomprensibili, gli uomini indossano il longyi (un telo largo al posto dei pantaloni; come una gonna lunga), le donne si cospargono il viso di una polvere chiara per proteggersi dal sole, e le vesti bordeaux dei monaci mi riportano qui, ora.
Il bus corre nelle campagne, e tocca alle note dei Radiodervish portarmi sulle sponde del mediterraneo mentre fuori le baracche lungo i fiumi regalano scorci da cartolina con i loro graticci dove il pesce e' steso a seccare al sole.
Il vento entra dal finestrino carezzandomi il viso e ad ogni fermata odori di curry e polvere entrano insieme ai richiami dei venditori ambulanti che propongono le loro merci.
E poi donne che trasportano ceste sulla testa, con il loro andamento fiero e sensuale e monaci che si riparano dal sole con il lembo della loro tunica.
Mi sento allegro, leggero, spensierato grazie anche a Caetano Veloso e la sua voce inconfondibile.
Le campagne coltivate, con i carretti trainati dai buoi e le donne che mietono a mano, accucciate sotto i tipici cappelli a cono, lasciano spazio alle cittadine dove bambini in uniforme escono allegri dalla scuola, ogniuno con la sua vaschetta di metallo per il cibo in mano, e vanno verso le mamme che li aspettano.
Qualcuno apre l'ombrello: non e' perche' piove, ma per proteggersi dal sole.
Come spesso succede, il viaggio e' altrettanto importante della meta del viaggio stesso.
(foto: particolare di uno stupa, lago Inle)
leggevo e mi sembrava di essere anch'io su quell'autobus......musica inclusa.....
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